L’ANPC e l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Comitato di Milano

Alcune riflessioni a cura di Claudio Fragiacomo, Consigliere Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato di Milano, che ringraziamo per la gentile concessione.

di Claudio Fragiacomo – Affinità, sinergia, empatia sono alcuni dei termini che descrivono il rapporto del nostro Comitato con l’ANPC (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani). Lo abbiamo già verificato svariate volte dal momento che è iniziato un ideale percorso comune, tanto che, in occasione di questa Pasqua, la Presidente di ANPC, Maria Pia Garavaglia, così si è espressa: “Nel giorno in cui si evoca la pace noi uniamo i nostri auguri pasquali al ricordo delle vittime delle foibe assicurando ai giuliano dalmati che ANPC sarà sempre con loro. Sono queste delle espressioni di solidarietà che ci confortano, e che noi contraccambiamo con uguale fervore.

In questo spirito, abbiamo organizzato una conferenza sull’eccidio di Porzus, ed in questa occasione abbiamo ampliato le nostre conoscenze sulla Brigata Osoppo nell’ambito dell’ANPC, organizzazione vicina alle nostre problematiche ed al nostro territorio. L’Esodo dai territori del Confine Orientale è stato originato da una scelta fondamentale, il non voler vivere in un regime comunista che negava tutti i valori cristiani fondanti la nostra civiltà, ed in questo si rivela l’affinità con gli ideali dell’ ANPC in generale e dell’organizzazione Osoppo in particolare. Abbiamo ricevuto in seguito alla Conferenza gli ultimi numeri del loro periodico mensile “Pai nestris fogolârs” dell’APO (Associazione Partigiani Osoppo), dai quali traiamo alcune notizie che riportiamo di seguito, convinti di fornire ulteriori elementi utili a inquadrare la nostra storia.”

Innanzitutto sulla fondazione delle brigate Osoppo (Notiziario del 29 marzo 2024)

“L’APO ha ricordato l’80° anniversario della costituzione del primo nucleo armato della Brigata “Osoppo-Friuli”. Tanti sono infatti gli anni trascorsi dal 25 marzo 1944, giorno in cui cinque uomini partiti da Casa Marzona a Treppo Piccolo raggiungono Pielungo e si insediano a Casera Palamajȏr, alle pendici del roccioso Monte Rossa nel territorio di Clauzetto, grazie alla collaborazione dei fratelli Giovanni e Giobatta Marin e del dott. Fedele Guerra. Gli uomini saliti in Vald’Arzino sono Rainiero Persello “Goi”, Federico Tacoli, Giovanni Colaone, Cesare Cividino ed Enrico Furlan. Nei giorni immediatamente successivi, ad essi si aggregano, tra gli altri, Renato Del Din “Anselmo”, Pasquale Specogna “Beppino”, Corrado Sebastianutti “Muk”, Alberto Cautero “Romolo”, Ugo Ducci “Firenze” e due prigionieri sudafricani evasi dal campo di Torviscosa, “Rodolfo” e “Federico”. È l’atto di nascita del Battaglione “Italia”, il primo reparto della Brigata. Questi sono gli uomini che affrontano il rastrellamento tedesco del 14 aprile ‘44, che costa la vita al giovane Giacomo Missana, catturato e fucilato a Forno, e conducono, agli ordini dell’eroico “Anselmo”, il 25 di quel mese l’audace azione dimostrativa contro le caserme nazifasciste di Tolmezzo, per affermare che l’Osoppo esiste e combatte. Il comandante della neonata Brigata Prof. Candido Grassi “Verdi” si insedia a Pielungo. Il Castello Ceconi diventa la sede del comando osovano, centro logistico e di reclutamento. Forte dei suoi ideali, la “Osoppo” è quindi l’approdo naturale per le molte “bande” autonome nate dopo l’8 settembre ‘43, in particolare ad Attimis per iniziativa di Manlio Cencig “Mario” e a Treppo Grande per merito di Don Ascanio De Luca “Aurelio”, il quale, d’intesa con l’Arcivescovo Mons. Nogara, a giugno raggiungerà “Verdi”. Ripercorrere i primi passi della presenza osovana in Val d’Arzino, come nelle limitrofe Val Cosa e Val Tramontina, significa rievocare l’inizio di quella che Cesare Marzona definiva con parole di verità “la grande ed irripetibile stagione dell’Osoppo”. In quelle valli hanno, infatti, vissuto la loro esperienza partigiana i suoi fondatori, molte delle sue maggiori personalità, tanti dei suoi uomini più valorosi. Nei boschi sono nati molti “canti nella bufera “e nella stamperia di Pradis, diretta da Adalgiso Fior, sono stati ciclostilati i fogli clandestini “Pai nestris fogolârs” e “Osoppo Avanti!”, espressioni del più puro spirito osovano. È una storia in cui i Fazzoletti Verdi non sono mai stati soli. L’APO non lo dimentica. Come ricorda al visitatore la lapide posta all’ingresso del Castello Ceconi di Pielungo, è doveroso rendere omaggio alla generazione che abitava quei luoghi. Uomini e donne tenaci, abituati alla fatica quotidiana del lavoro e ai sacrifici dell’emigrazione. Erano anch’essi figli della plurisecolare civiltà contadina e dei mestieri artigiani, ancora profondamente intrisa di religiosità cristiana ed umana solidarietà. È per questo che anche nei giorni più duri il legame dei patrioti della “Osoppo” con la popolazione non venne mai meno. Assieme ai civili è doveroso ricordare i loro parroci, coraggiosi “pastori nella bufera”, e le missioni alleate, accolte e protette dagli osovani in Val d’Arzino e Val Tramontina. I loro uomini ebbero sempre parole di solidarietà, stima e profonda gratitudine verso i FazzolettiVerdi. A tanti anni di distanza dagli eventi, i documenti d’archivio, i libri, le testimonianze e le lapidi della memoria rimangono fondamentali per conoscere quella stagione di puri ideali e grandi sacrifici. Lo sono anche i luoghi, sebbene appartati, spesso solitari e oggi quasi disabitati, circondati da una natura silenziosa e di selvaggia bellezza, in cui la suggestione di quel tempo lontano sopravvive ancora, sulle orme lasciate dallo spirito libero ed indomito degli uomini e delle donne della “Osoppo-Friuli”.

L’articolo, a firma di Jurij Cozianin, ci presenta alcune località del Friuli (provincia di Udine e di Pordenone), in particolare Attimis, importante per la storia medioevale d’Italia e del Confine Orientale e Pielungo, noto per il Castello Ceconi. Gli abitanti, di “dura cervice”, sono tipici friulano-carnici, assai vicini per alcuni aspetti, in particolare per la pervicacia e l’assoluta mancanza di clamore nel perseguire i propri obiettivi, ai nostri Istriani.

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